A Traina alla Ricciola Gigante nel Mar Ligure

Fine Primavera, Tattica da Big Game: Insidiare i Grandi Predatori Sotto Costa prima della Frega

Pescata una una ricciola di circa 45 kg

C’è un trofeo che ogni appassionato di pesca sportiva ambisce a esporre, un’impresa che supera la semplice abbondanza del carniere: per me, era la cattura di una ricciola di stazza eccezionale attraverso la tecnica della traina con esca viva. Pur avendo già collezionato notevoli successi in mare, questa “big” preda rappresentava l’ultimo, irrinunciabile obiettivo. Ho scelto di dedicare tempo e risorse per tentare l’impresa nello spot e nel momento climatico ideale.

Il periodo clou, come ben sanno i big game fisherman, va da fine maggio a giugno inoltrato: è il momento in cui le ricciole si spostano in prossimità della riva per nutrirsi intensamente prima del periodo riproduttivo. Abbiamo organizzato una spedizione di quattro giorni al confine settentrionale del Mar Ligure – la posizione esatta resterà, per ovvi motivi, un segreto tra noi. Eravamo un team di quattro, con due imbarcazioni. Il piano era rigoroso: sveglia alle 4 del mattino per assicurarci l’esca viva (calamari o alacce) e battere l’acqua nell’unica vera finestra per i grossi esemplari, che va dall’alba fino alle 8:30 circa. I pesci più piccoli, tra gli 8 e i 15 kg, possono essere insidiati anche a mezzogiorno, ma per la ricciola oversize l’appuntamento è all’aurora.

Il primo giorno abbiamo innescato i calamari e li abbiamo trainati lentamente (circa un nodo) su un fondale di 50 metri. Nonostante i nostri sforzi, il mare è rimasto muto, senza marcature all’ecoscandaglio. Rientrati a mani vuote, non ci siamo scoraggiati. La seconda alba ci ha visto nuovamente in mare alle 4 per la preparazione delle esche: questa volta, abbiamo assicurato alacce di media taglia e un paio di sugarelli più robusti. Verso le sei, con le alacce in acqua e uno spot rinnovato, è arrivata una timida abboccata. La ferrata è stata immediata, ma il recupero ha svelato un combattente di tutt’altra natura: una tracina imperiale da un chilo e mezzo. Una taglia di tutto rispetto per la specie, ma l’obiettivo restava ben più grande.

Il terzo giorno, con la stanchezza che iniziava a farsi sentire, la sveglia alle 4 non ha vacillato. Armati di alacce e sugarelli freschi, ci siamo diretti verso un punto promettente, segnato con discrezione sull’eco il giorno precedente. La strategia era affinare la presentazione: ho scelto un sugarello di circa 700 grammi, l’ho calato a 80 metri dalla poppa su un fondale di 45 metri, utilizzando un piombo da 150 grammi per mantenerlo perfettamente a mezz’acqua. Alle 7:30, il premio per la perseveranza.

Il cimino della canna ha dato i primi, dolci segnali di vita. Ho afferrato la canna, attendendo con il cuore in gola che la preda inghiottisse l’esca. Poi, la stoccata secca: Sbam! La ferrata e l’inizio del duello. La prima corsa è stata lenta, implacabile, dritta verso il fondo. L’ho subito detto al mio socio, Andrea: “È lei, la preda che cercavamo”. Non c’era incertezza. Lavoravo con un assetto leggero e sportivo, ma fidato: canna e mulinello da 12 libbre, Dynema 0,23, terminali 0,52 e 0,62, amo 6/0. Sapevo di essere al limite, ma il gusto della sfida era impagabile.

Eravamo in una danza tra uomo e pesce da oltre 40 minuti. La fatica era tanta, ma l’adrenalina spingeva. Ho seguito la sua corsa con la barca, provando a guadagnare metri che lei mi strappava non appena cercavo di staccarla dal fondo. Ho deciso di dare l’ultima stretta alla frizione, sfruttando la curva progressiva e potente della canna per pomparla verso l’alto. Finalmente, la sagoma si è fatta chiara sotto la superficie: era gigantesca. Mantenendo la calma, ho guidato il pesce verso la barca. Pochi istanti dopo, la ricciola era a galla in tutta la sua maestosa bellezza. Andrea, con una professionalità impeccabile, l’ha raffiata e assicurata a bordo. Ci siamo guardati, scoppiando in una risata incredula: l’ago della bilancia avrebbe segnato circa 45 chilogrammi. L’obiettivo, quel sogno a lungo cullato, era stato centrato. Nonostante la stanchezza, il rientro è stato il viaggio di un uomo appagato e infinitamente felice.